Ballare è, fin dai tempi dell’uomo delle caverne, un modo per sentire la vicinanza con la Terra ed il cielo. Si occupa tutto lo spazio disponibile, c’è il contatto dei piedi col suolo, le mani si muovono nell’aria, volteggiando si perde l’equilibrio e si percepisce l’influenza della gravità cui siamo soggetti tutto il tempo, ma il risultato è una sensazione di leggerezza e di dominio delle nostre azioni, anche quando si è completamente negati per la danza. Muovere il nostro corpo diversamente da come si è abituati a fare camminando ci da percezione completa di esser parte di un unico grande sistema fatto di molecole unite tra loro. Se non avete mai provato a danzare liberi, come se nessuno vi stesse guardando, vi consiglio vivamente di farlo, almeno una volta nella vita, mettetelo nella lista dei “to do”, imponetevi un istante di follia in una vita piena di regole e comportamenti imposti. Almeno, questo è il mio consiglio, ed è così che ho deciso di vivere.
Sono trascorsi quasi due mesi e mezzo da quando sono arrivata qui, la mia vita è cambiata radicalmente, non lo dico per vantarmi né per cercare consensi, semplicemente lo affermo. Ed affermazione è la parola chiave.
Il Cap Sizun, il promontorio del Finistère in cui mi sono trasferita, è un luogo non facile, la gente è molto riservata ed attaccata alle proprie tradizioni, diffidente per certi versi nei confronti di ciò che gli è estraneo ma pronta ad aprirsi al cambiamento e quasi desiderosa che questo avvenga. Qui non siamo bretoni, qui siamo “capistes”, la gente del capo ed uso la prima persona plurale perché qui ormai sono conosciuta ufficialmente come Sara, l’italiana du Cap. Ci ho messo un po’, un bel po’. Ho trascorso intere serate da sola, seduta al bancone del pub del paese, serate in cui le uniche parole che scambiavo erano quelle col barista per ordinargli una birra e pagare il conto. Ed è stato proprio John il primo ad accettarmi, a chiedermi come fossi finita qui, a sorridermi quando arrivavo al bar. E una sera, complice l’atmosfera alcolica del weekend, dei ragazzi hanno cominciato a chiacchierare con me. Da quel momento in poi ho ricevuto inviti a cena, scambiato numeri di telefono, sono andata a un barbecue di compleanno, ho iniziato a ritrovare le stesse persone nelle serate del fine settimana, sono andata in discoteca, sono andata alla finale del campionato di calcio della regione, ho dato passaggi in auto, ho organizzato una cena italiana a casa, ho iniziato ad affezionarmi ad alcuni di loro, ho giocato a biliardo, freccette e calciobalilla con chiunque mi chiedesse se avevo voglia di fare una partita. Non è stato tutto immediato, sia chiaro, ogni weekend sembrava di ripartire da zero, ma il fatto di avere un luogo di aggregazione come il Mac Laughlins pub, in cui hai la certezza quasi matematica di incontrare facce conosciute, molto ha fatto.
Il merito più grande però lo devo alla musica. Sì perché, da quando ho iniziato a suonare la chitarra e cantare al barbecue di qualche domenica fa, i cuori si sono scaldati. Non c’è molta musica sul Cap Sizun; c’è la terra da rivoltare, ci sono le patate da raccogliere, ci sono le reti da ritirare, le sardine da eviscerare, ci sono i maiali da sgozzare e i muri da intonacare, c’è da andare al pole emploi a vedere se salta fuori qualche CDD. In pochi hanno il tempo di mettersi a studiare musica durante l’adolescenza, si cresce in fretta qui in campagna, come in tutte le campagne del mondo. E la tradizione è importante, per cui c’è più spazio per la musica bretone che per quella moderna, si imbraccia la cornamusa, si soffia nella bombarde e si picchia sui rullanti. Ma se arriva qualcuno con una chitarra e si mette a cantare ci si ferma ad ascoltarlo, e se piace gli si chiede di continuare. E così è stato. Giro con la chitarra in macchina, suono praticamente tutti i giorni, quando smetto un po’ per bermi una birra e fumarmi una paglia arriva subito qualcuno a dire “basta? Non suoni più? Peccato” e così riprendo, non vorrei mai privarmi del piacere di piacere, egocentrica come sono, né tantomeno smettere di crear legami sinceri con le persone del posto che hanno imparato un po’ a conoscermi anche grazie al mio egocentrismo. Se già a Milano mi capitava spesso di sentirmi differente, diversa, anche se tra così tante persone poi ci si mimetizza bene, qui sono proprio un pesce fuor d’acqua, e a volte spavento o creo diffidenza. Ma alla fine, tutti quelli con cui sto instaurando un rapporto più stretto, mi dicono “meno male che ti ho conosciuta un po’ di più” e allora mi tranquillizzo e penso che restar sé stessi sia la cosa più giusta da fare, sempre, in ogni occasione, perché l’onestà di spirito in fondo paga e appaga.
E cominciare a far parte della comunità significa, a volte, prender parte anche ad eventi dolorosi. Così venerdì sono stata al funerale del papà di un amico, malato da tempo. Il paese era invaso dalle macchine, l’uomo era conosciuto e stimato da molti, così come i suoi figli, parte attiva della comunità dato che suonano nel bagad e giocano nella squadra di calcio locale. Ci saranno state almeno 400 persone, la chiesa non riusciva a tenerle tutte e quindi in molti siamo rimasti all’esterno, in silenzio, aspettando di portar omaggio alla salma. Tutti, uno ad uno, al termine della funzione, siamo entrati e abbiamo salutato i parenti e il defunto. Sapete bene quanto io sia allergica alle chiese ed alle funzioni religiose in generale, ma ho scelto di esser parte di loro e questo comporta anche fare qualcosa di completamente diverso dal solito. Finite le esequie tutti ci siamo spostati al bar, dove era stato organizzato un piccolo aperitivo e dove, al tavolo con amici conosciuti e nuovi abbiamo cercato di render l’atmosfera meno triste. Ho trovato tutti molto composti nel loro dolore, anche forse troppo, ma credo che faccia parte della rigidezza del luogo, in cui le emozioni posson esser prese per debolezza.
Domenica invece c’era un torneo di calcio organizzato allo stadio, 10 squadre locali si sarebbero sfidate in mini partite da 20 minuti ciascuna, prevista grande affluenza di pubblico e di conseguenza, evento a cui presentarsi per farsi conoscere da sempre più persone. Purtroppo la festa si è presto trasformata in tragedia, un uomo di 44 anni è collassato a terra poco dopo aver giocato, la situazione è apparsa grave fin da subito, quando, soccorso da due pompieri che partecipavano al torneo, abbiamo visto che gli praticavano il massaggio cardiaco. L’ambulanza è arrivata dopo circa una ventina di minuti, hanno usato il defibrillatore, ma niente, l’uomo non si riprendeva. Poi ci hanno fatto sgomberare il campo perché era in arrivo l’elicottero. Giocatori e partecipanti alla giornata, tutti in silenzio, col fiato spezzato, nessuno si muoveva, chi era in piedi restava in piedi, chi era seduto fissava nel vuoto, le poche notizie che ci giungevano erano che ogni volta che il cuore ripartiva, poco dopo si fermava nuovamente e dunque non riuscivano a stabilizzarlo per portarlo via in elicottero verso l’ospedale più vicino. Il calvario è durato un’ora e mezza, tutti ci si confrontava, si parlava di quest’uomo giovane, con un figlio di soli 3 anni, e di suo padre, che ben conosco dato che è un omino gentile che si rivolge a me in bretone ogni volta che ci si incrocia al bar e della moglie, che è arrivata al campo gridando e disperandosi.Perché sento il bisogno di raccontarvi una cosa così brutta? Perché anche questo fa parte della mia vita di adesso, anche lo stringermi in silenzio attorno a gente incredula, che non trova le parole per quello che sta succedendo davanti ai propri occhi e che si rifugia dietro poche sillabe dette a mezza voce e che suonano tremendamente internazionali: “merde”. La vicinanza con la morte fa apprezzare sempre ciò che si ha, anche se è poco, ma che al confronto di chi è a un passo dal lasciare questo mondo, si rivela comunque essere un gran tesoro e se già avevo la certezza di esser caduta in un forziere pieno di ricchezze ineguagliabili, domenica ne ho avuto la conferma. La vita è quella cosa senza la quale niente avrebbe più senso e, suonerà pure scontato o sembrerà una frase fatta, ma quante volte ci siamo fermati davvero a pensarci? Quante volte ci siamo disperati per le situazioni avverse che ci si paravano davanti, una dietro l’altra? Quante volte abbiamo pensato di non avere una via d’uscita? Io per prima posso dire di averlo fatto spesso ma da quando sono qui, da due mesi e qualcosa, questo è ciò che in me è davvero cambiato. L’ape non arriva, il ritardo è clamoroso e mi ha già fatto perdere un sacco di potenziale lavoro, le giornate sono lunghe a passare quando non si ha molto da fare e i soldi escono dalle tasche senza farvi rientro. La preoccupazione della mia famiglia è più che palpabile, trovare una casa senza avere la possibilità di dimostrare di avere delle entrate è impossibile, i documenti da fare sono ancora molti ed io sono qui bloccata, sospesa in una sorta di limbo ma non mi dispero, non do di testa e soprattutto non perdo mai il sorriso. Sto vivendo, sto vivendo il mio sogno, sto vivendo al 100% e forse anche qualcosina di più, non dico che sarei pronta a morire domani, durante una partita di calcio in un giorno di festa, ma di certo, ora, sarei pronta ad accettarlo perché sono davvero in pace con me stessa, come non mi capitava da 36 anni a questa parte.
E quando i problemi arriveranno, perché è così che va la vita, troveranno di fronte una nuova me, forte come non mai e pronta anche a ripartire da zero. Nel frattempo, per non perdere la connessione con l’universo intero, io danzerò “le Mia” e quel che accadrà sarà che alla fine Sara, l’italiana dai capelli rossi, ce l’avrà fatta comunque vada.
E ora, volume a palla e ballate con me. Je danse le Mia
Solo le persone Grandi possono permettersi di essere Egocentriche e dirlo pure!
Grande Sara, io Ballo con te da questa parte del mondo, che come te ora, ho scelto “qualche” anno fa… E ti capisco, cavoli se ti capisco! Ancora ricordo la sera in cui noi due abbiamo iniziato a parlare… accolta dalle persone del posto… Che bei ricordi mi fai rivivere coi tuoi momenti!!!
Sempre fiera di te ed ogni giorno di più!
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La ricordo bene anche io quella sera. 😚
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